Art à Poche – Arte & Cultura

di Elisa Bochicchio

De Chirico // Palazzo dei diamanti Ferrara

In ritardo, i know; ma sono giustificata causa esame sostenuto oggi.

Sarà la sveglia alle 4.30 per prendere il treno un’ora dopo, ma la dialettica oggi scarseggia e ciò che maggiormente ricordo della mostra (vista un paio di settimane fa) è che Palazzo dei diamanti era pieno di adolescenti in piena tempesta ormonale, ci saranno state almeno 6/7 gite, con tanto di guida personale che sgomitava per fare prendere ai suoi adepti la postazione migliore per osservare le opere, per cui è stata una visita alquanto difficile per una misantropa come me.

Sgomitando sono arrivata alla biglietteria e alla contigua prima sala, quello che si indagava (ormai visto che la mostra si è conclusa alla fine del mese scorso) era il rapporto di De Chirico con la sua Ferrara, la sua rappresentazione di quelle vie silenziose costellate di bici e tortelli di zucca, sono stata a Ferrara parecchie volte e ho notato quanto riesca ad essere silente e maestosa, come un grande tempio abbandonato; contiene capolavori inenarrabili (pensiamo a Palazzo Schifanoia) ma se ne sta lì in attesa di essere veramente scoperta.

L’indagine metafisica è la perfetta narrazione di questo santuario d’arte, con i suoi quadri immobili e onirici De Chirico ci guida in un mondo fatto di automi, di manichini antropomorfi, in un gioco di metapittura metafisica appunto.

Il sogno, l’evasione, sono i fili conduttori di una mostra che ci guida in un dopoguerra che aveva bisogno di fuggire dalla realtà, così gli uomini diventavano manichini saldati con piccoli bulloni, come degli spellati dei teatri anatomici fatti di latta. Non c’è fisionomia, non c’è vita solo stasi, perenne, infinita, quella di De Chirico è una realtà fatta di assenze, di movimento, ombre, sguardi, volti, ci sono solo forme che creano il tutto; è quasi una pittura filosofica che torna all’essenziale per creare corpi, stanze, città.

Ferrara è presente nei suoi manichini da sartoria, nelle piazze silenti riprese all’ora dei demoni, il meriggio quando le ombre scompaiono e la luce diventa una lama che fende le superfici come un assassino senza alcuna pietà, Ferrara è anche nei dolci, nelle forme di pane che costellano l’opera da sogno di Giorgio de Chirico, Ferrara permane anche nelle opere degli artisti che furono influenzati dal nostro Giorgio, Da Man Ray a Morandi fino a De Pisis.

Una bella indagine all’interno del sogno e un piccolo trionfo per questa splendida e silenziosa città.dechi dechi2 dechiri dechiri2

Giorgio de Chirico Alcesti, luglio 1918 Olio su tela, cm 59,6 x 48,5 Collezione Chiara e Francesco Carraro © by SIAE 2015

Giorgio de Chirico
Alcesti, luglio 1918
Olio su tela, cm 59,6 x 48,5
Collezione Chiara e Francesco Carraro
© by SIAE 2015

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